giovedì 19 settembre 2019

Risposta ad Antonio Spadaro (https://twitter.com/antoniospadaro)

Salve, le rispondo in merito dell'articolo da lei evidenziato in questo tweet: https://twitter.com/antoniospadaro/status/1174610336495865857 in cui fa riferimento all'articolo di Civiltà Cattolica https://www.laciviltacattolica.it/articolo/un-probabile-sinodo-della-chiesa-italiana/ .

Una breve riflessione, da semplice cattolico che vive nella realtà della media periferia di Roma. Nelle stesse parrocchie non c'è conoscenza tra i diversi gruppi, anzi isolamento completo. Diversità di carismi a parte, non c'è nessuna comunicazione. Di questo, in breve, non se ne può far colpa al parroco che non vede il problema, perché risulta ormai una sclerosi consolidata e quindi a guardare l'organismo parrocchia non si vede come possa cambiare. Fatto sta che se anche all'interno di una stessa parrocchia la conoscenza è ardua e la comunicazione tra gruppi viene vissuta in modo molto scomodo, risulta assolutamente impossibile la collaborazione tra parrocchie anche presenti nel medesimo territorio. E che dire poi dei tantissimi cattolici che nei gruppi e nelle associazioni non si sono mai ritrovati? È maggiormente verso di questi che un incontro andrebbe auspicato, ma senza il vincolo, appunto, di riconoscersi in una parrocchia o una associazione. Quando si ricorda che "lo Spirito soffia dove vuole" e poi si impedisce di fatto che questa novità abbia luogo c'è un problema serio. Per il resto: tutte le comunicazioni esterne alla parrocchia vengono vissute come aliene ed improprie in quanto c'è una esperienza, consolidata in decenni, che quanto esterno alla parrocchia avrà scarsissimi esiti nel modificarne atteggiamenti, morfologia e soprattutto percezione della sua realtà. Ripeto, questo non è da ascrivere ad una singola parrocchia è un problema estremamente diffuso. Per quanto riguarda le associazioni il problema è il medesimo. Condividono lo stesso tempo storico ma non hanno modificato la loro visione, riguardando invece sempre alle medesime conquiste, da celebrare più della comunione con gli altri fratelli, in Cristo. Intendo dire che non può avere maggior valore una appartenenza legata all'eredità di testimonianza o alla vicinanza di carismi rispetto all'essere tutti in comunione con Cristo. E questo vale nel piccolo della singola parrocchia fino alla realtà del concistoro in cui con fede vera, dentro di esso e in tutta la Chiesa, si invoca lo Spirito ad indicare il successore di Pietro. Molta parte dei fedeli che non si riconoscono nelle realtà locali (parrocchie) o particolari (associazioni) vive una fede triste, non perché non sia vera e profonda, ma perché continuamente mortificata. L'essere avulsi da questi contesti non può essere una tacita condanna alla continua mortificazione. Se la Chiesa dà maggior rilievo a ciò che è facilmente identificabile, vela (nasconde parzialmente) l'azione dello Spirito che è presente ed attiva anche in chi non si riconosce in queste realtà.